venerdì 30 novembre 2012

Le abbuffate...

"...All'estremo opposto di un'alimentazione ipercontrollata e iperrazionale, vi sono le abbuffate, in alcuni casi indiscriminate, di coloro che si ingozzano di tutto ciò che hanno a disposizione o, in altri casi, di tutto ciò che trovano maggiormente calorico e ricco di grassi. Una sorta di perdita di controllo, in certi casi, o di volontaria e deliberata infrazione di tutti i vincoli, i divieti, i limiti, le ristrettezze a cui si erano sottoposti sino a quel momento...
Una forma di rivendicazione di se stessi, della propria esistenza, delle proprie esigenze.
La materialità del cibo a cui fanno ricorso, che si concretizza in molti casi, in aumento ponderale, può essere finalizzata ad una rivendicazione di un prorpio spazio fisico, di un'esistenza fisica e psichica che ha bisogno di imporsi concretamente.
Si tratta, quindi, di cibo per esternare la propria aggressività; altre volte per compensare un vuoto che non si riesce a colmare, e a cui la materialità dovrebbe sopperire; per superare la noia; come attività ludica; come mezzo per soffocare i pensieri, emozioni, vissuti. Il peso della digestione ottunde la mente, rende stanchi, assonnati,inermi, incapaci di riflettere, di agire, e, in definitiva, sebbene con dolore, di mantenere lo status quo.
Nel momento in cui il cibo viene assunto per riempire un vuoto interiore, l'impulso orale non è più una manifestazione di sicurezza orale, ma di una sua assenza, se la fame fisiologica perde completamente il suo ruolo..."

"Il cibo come fonte di essere e ben-essere"
Anna Fata

giovedì 15 novembre 2012

L'Importanza Delle Parole 2

"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo.
Lo que me gusta de tu sexo es la boca.
Lo que me gusta de tu boca es la lengua.
Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortazar




"Quello che mi piace del tuo corpo è il sesso.
Quello che mi piace del tuo sesso è la bocca.
Quello che mi piace della tua bocca è la lingua.
Quello che mi piace della tua lingua è la parola.”

lunedì 10 settembre 2012

A settembre tutti a dieta!

Purtroppo quasi per tutti sono finite  le vacanze e si ricomincia con le attività quotidiane: lavoro, famiglia, scuola e ...dieta!
Molte persone d'estate gettano la spugna contro i chili di troppo e decidono di mandare in vacanza anche le corrette abitudini alimentari, per poi ritrovarsi con qualche chiletto in più a settembre.
Se proprio non avete seguito i consigli del post precedente vi propongo qualche raccomandazione per non incorrere in rischi per la salute, magari nel tentativo di rimediare in fretta agli errori delle vacanze.
  1. Le diete fai da te e le diete di moda fanno male! sembra scontato, ma vi assicuro che nella pratica clinica si riscontrano molto frequentemente persone che, prima di rivolgersi ad un esperto, provano diete prese dai giornali o consigliate da un amica/o, la dieta deve essere personalizzata e copripre i fabbisogni in nutrienti, vitamine e minerali raccomandati per la popolazione italiana (LARN),
  2. Perdere peso in fretta è dannoso e si rischia di non avere l'effetto estetico desiderato, tipo cedimenti di tessuto e inflaccidimenti conseguenti alla perdita del tono muscolare,
  3. Aumentare l'attività fisica, il che non vuol dire  "iscrivesi in palestra da settembre", basta camminare 30 minuti al giorno, è economico e piacevole e non ci sono scuse, basta andare a fare la spesa o comprare il giornale a piedi, o chi può, portare fuori il cane dopo cena, oppure il massimo sarebbe andare a lavoro a piedi, fa bene alla circolazione e anche alla cellulite,
  4. Bere 2 litri di acqua al giorno, spesso il nostro cervello ci manda lo stimolo della sete, ma se non siamo abituati a idratarci correttamente, scambiamo questo stimolo con quello della fame e quindi introduciamo cibo anzichè acqua, bere prima dei pasti e appena svegli aiuta tantissimo,
  5. Mai saltare i pasti, o digiunare, bisogna almeno mangiare 3 volte al giorno, l'ideale è 5,
  6. Non eliminare categorie di nutienti, come per esempio i carboidrati, tutte le sostanze sono utili all'organismo in quanto l'uomo è ONNIVORO,
  7. Consumare 2 porzioni di verdura e 2 di frutta al giorno, attenzione però alla frutta che contiene zuccheri semplici, soprattutto non mangiare molta frutta per saziarsi a fine pasto, si innescano dei meccanismi biochimici complessi che portano poi ad avere fame dopo poco tempo, in più la frutta può dar luogo a fermentazioni a livello intestinale,
  8. Non mangiare in preda alle emozioni, se si è tristi o annoiati o stanchi cercare di correggere l'abitudine di introdurre cibo, questo è un percorso molto difficile che tante volte può richiedere l'aiuto di uno psicologo.
  9. Tenere sotto controllo l'introduzione di bevande alcoliche, ma anche di quelle zuccherine e gassate,
  10. Il dimagrimento è un percorso che deve contemplare il raggiungimento del benessere psicofisico, che deve essere l'obbiettivo primario di qualsiasi terapia dietetica, l'alimentazione è un aspetto della vita che ha molteplici implicazioni anche a livello psicologico, che se si persegue l'intento di dimagrire, non vanno assolutamente trascurati.
Dott.ssa Marianna Carone

venerdì 20 luglio 2012

Consigli alimentari in vacanza!


Tempo d'estate!Fa caldo...anzi caldissimo, c'è chi è già in ferie e chi le sta ancora sognando.
Ormai la prova bikini è andata e i buoni propositi per l'estate sono rimandati all'anno prossimo.
Sacrifici e diete estreme, rimedi dell'ultimo minuto ormai sono archiviati e si pensa solo al relax.
Si cerca di allontanare lo stress, si desidera evadere e trasgredire anche con il cibo...le palestre ormai sono chiuse e abbandonate, i più fortunati (noi al sud lo siamo!) passeranno l'estate sdraiati al mare per sfuggire al calore dell'asfalto in città.
Tutti hanno bisogno di qualcosa di fresco, come gelati, sorbetti e bibite che vengono ingurgitate senza pensarci, d'estate si moltiplicano per molti i momenti di evasione e di socialità tipo pizze con gli amici, grigliate e uscite.
Questo è un periodo molto difficile per chi ha lottato tutto l'anno con il peso e piccole disattenzioni possono compromettere i sacrifici fatti, soprattutto per chi è in continua lotta con l'effetto yo-yo e alterna fasi in cui perde peso a fasi in cui riacquista i chili persi.
E' inutile dire quanto sia dannoso dal punto di vista fisico e psicologico tutto ciò.
Per riuscire a mantenere il peso anche in estate, cercando di non vanificare i sacrifici fatti in inverno, bastano poche attenzioni e un po' di buona volontà:
  • Attenzione alle bibite zuccherate (spesso d'estate ci si lascia tentare da un bel the freddo sulla spiaggia) sono una insospettabile fonte di calorie e zuccheri semplici,che non placano la sete ma anzi la favoriscono, meglio sempre l'acqua,
  • L'idratazione è fondamentale, bisogna bere almeno 2 litri di acqua al giorno, non arrivare mai assetati ma bere spesso durante la giornata, portare sempre con sè una bottiglietta d'acqua,
  • Attenzione agli integratori salini, non sempre è necessaria un'integrazione, troppi minerali possono sovraccaricare i reni,
  • Attenzione alla frutta di stagione per chi ha problemi di peso, il criterio è di due o tre porzioni al giorno, meglio lontano dai pasti,  la frutta contiene molti zuccheri semplici e in più dà luogo a fastidiose fermentazioni intestinali,
  • Via libera a verdure e ortaggi! Da utilizzare come condimento per i primi piatti o come contorno, almeno 2 porzioni al giorno, contengono minerali e vitamine,
  • Mai saltare la colazione ma non strafare! Attenzione alla colazione in albergo, ricordarsi che deve essere sempre proporzionata alle attività della giornata, sempre meglio latte o yogurt e cereali integrali,
  • Regola dei 5 pasti al giorno anche in vacanza!mai saltare i pasti, è deletereo per la linea e si rischia di mangiare sempre di più al pasto successivo,
  • Non eccedere mai con condimenti e salse,
  • Attenzione ai gelati, per quanto invitanti e gustosi devono essere considerati uno sfizio da concedersi saltuariamente e non tutti i giorni, meglio ghiaccioli o yogurt magro magari freddo!
  • Muoversi il più possibile, al mare sfruttare tutte le occasioni possibili per nuotare, fare sport sulla spiaggia e anche semplicemente camminare nell'acqua (che fa anche bene alla cellulite!) in città uscire nelle ore meno calde per passeggiare, magari visitare mostre o musei della propria città, fa bene a corpo e mente!

Ricordarsi che concedersi uno strappo alla regola ogni tanto non fa male e che per controllare il peso sempre bisogna lavorare sullo stile di vita tutto l'anno!
Buona vacanze in splendida forma a tutti!
Dott.ssa Marianna Carone
Nutrzionista

giovedì 14 giugno 2012

"CORSO DI PITTURA"


NUTRIPSY S.N.C.
Corso Umberto 138 Taranto 74123
tel 3334859698

"CORSO DI PITTURA"
Per ragazzi di tutte le età.
L'arte è il gioco più gioioso che può aiutare i ragazzi a superare eventuali problematiche oltre che educare all'ordine, alla precisione ed al gusto per il bello.
Le lezioni del corso di disegno e di pittura sono finalizzate a:
  • Sviluppare il senso dello spazio, delle proporzioni e della profondità,
  • Studiare e usare i colori per affinare il senso del gusto,
  • Far emergere eventuali problematiche caratteriali,
  • Imparare ad esprimere le proprie emozioni attraverso l'espressione artistica.

Il corso si terrà presso la sede di Nutripsy s.n.c. in Corso Umberto 138 a Taranto.

  • Le lezioni si svolgeranno nelle ore pomeridiane nel periodo dal 22/06/2012 al 20/07/2012,
  • Num. Min di partecipanti è di 3 persone,
  • Sono previsti 1 incontro settimanali, della durata di 2 ore,
  • Il costo di 5 lezioni è di 40 euro,
  • Materiale didattico a carico dei partecipanti.

Le lezioni saranno svolte dalla prof.ssa Tina Alabruzzo abilitata all'insegnamento di “discipline pittoriche” e pittrice, con la supervisione della dott.ssa Manuela Carone, psicologa.
Per info 3334859698

venerdì 8 giugno 2012

Attività fisica e diabete.

E' noto che l'attività fisica sia di aiuto a molti, sopratutto in caso di sovrappeso.
Un'adeguata attività fisica non solo migliora il tono dell'umore ma, se praticata con regolarità, aiuta la perdita di peso e migliora la forma fisica.
Il dimagrimento non è altro che la risultante della discrepanza tra calorie introdotto e quelle ingerite, ne risulta quindi che se si vuole perdere peso o si diminuiscono le calorie ingerite o si aumenta l'attività fisica.
Gli effetti benefici dello sport non si esplicano solamente a livello di dimagrimento ma anche a livello salutistico, per esempio diminuisce i livelli di pressione arteriosa ma anche di glicemia. L'Organizzazione mondiale della sanità ha rivolto un appello ai governi perchè dedichino più attenzione al problema della sedentarietà e del sovrappeso, in quanto queste condizioni predispongono al diabete nell'adulto e alle malattie cardiovascolari.
Ovviamente la classe dei soggetti diabetici è estremamente eterogenea e l'attività fisica, come la terapia farmacologica e insulinica e dietetica, va valuta attentamente in base al singolo caso.
In maniera molto semplificata l'esercizio fisico determina nel diabetico una migliore utilizzazione sia del glucosio che degli acidi grassi liberi da parte dei muscoli, analogamente a quanto si verifica nei non diabetici. Così come nei soggetti non diabetici, nel corso di un'intensa e prolungata prestazione fisica si verifica una riduzione della produzione di insulina e un'attivazione della cosiddetta neoglucogenesi (ovvero la produzione di glucosio da perte del fegato), anche il diabetico può utilizzare meglio, nel lavoro muscolare, il suo eventuale eccesso di zucchero circolante o lo zucchero neoformato con una ridotta disponibilità di insulina.
L'intenistà e la durata dell'attività fisica influenzano quindi la glicemia in modo diverso. Un esercizio breve ma intenso provoca un lieve rialzo glicemico, al conrario un sforzo protratto comporta un modesto abbassamento della glicemia. Come informazione generale si può dire che, nei diabetici ben compensati, un esercizio fisico anche di discreto impegno, purchè non superiore ad un'ora, non provoca conseguenze metaboliche e ormonali diverse da quelle dei soggetti normali. Al contrario nei soggetti scompensati lo stesso tipo di prestazione provoca un peggioramento di tutti i parametri metabolici. Per questo motivo lo sport, o qualsialsi attività intensa, sono tassativamente controindicati quando la glicemia supera la generica soglia di 250mg-300mg/100cc, soprattutto in presenza di una discreta chetonuria.
Anche per questo motivo, non bisogna dimenticare che l'obiettivo primario della terapia del diabetico deve sempre essere la normalizzazione dei livelli di glicemia e la diminuizione del sovrappeso.
Bisogna ricordare sempre comunque che l'educazione del paziente diabete deve permettere al soggetto di svolgere una vita quanto più possibile simile a quella dei coetani, senza partcolari divieti o prescrizione, e se l'attività fisica permette un maggior inserimento sociale, è compito del clinico individuare la terapia migliore che gli permetta di praticare sport senza problemi.
A questo proposito esistono delle linee guida che possono aiutare i diabetici a praticare attività sporiva in mggiore sicurezza e sono state eleaborate dall'American Diabetes Association in collaborazione con l'American College of Sport Medici, di seguito riportate.


LINEE GUIDA D.E.S.A.-A.N.I.A.D. PER DIABETICI CHE FANNO ATTIVITA’ SPORTIVA
      1. Tutte le persone che fanno uso di farmaci per il loro diabete dovrebbero sempre avere a portata di mano:
          Cibi contenenti carboidrati ad azione veloce quando fanno esercizio fisico
          Un documento di riconoscimento
          Numeri telefonici utili in caso di bisogno.
      2. Monitorare la glicemia sia prima sia dopo aver fatto esercizi da’ una visione di quanto gli stessi influenzino i livelli di glucosio nel sangue. Questa e’ la chiave per praticare in sicurezza e capire quanto gli esercizi abbiano effetto sul controllo del diabete.
      3. In caso di esercizi di lunga durata o intensità dovrebbe essere assunto un extra di carboidrati per ripristinare il glicogeno speso.
      4. Se non viene ridotta la dose di insulina e’ necessario fare uno spuntino prima degli esercizi oppure bere un drink contenente 10-15 gr di carboidrati ogni 30 minuti di attività fisica.
      5. Se si e’ soggetti ad episodi di ipoglicemia e’ opportuno consultare il proprio medico per ristabilire la dose di insulina pre-esercizio fisico
      6. Esercizi vigorosi dovrebbero essere evitati se l’ambiente e’ troppo caldo, umido, inquinato o freddo. Spesso la sensazione di avere troppo caldo o troppo freddo può essere confusa con segni e sintomi di ipoglicemia.
      7. Per ridurre il rischio di danni i diabetici dovrebbero avere il giusto equipaggiamento e scarpe sportive adatte.
      8. Tutti gli allenamenti dovrebbero includere sessioni di riscaldamento e di defaticamento. Gli esercizi di stretching sono raccomandati per migliorare l’elasticità e prevenire danni.
      9. Fare attenzione a certi farmaci che possono mascherare i sintomi dell’ ipoglicemia.
      10. Assicurarsi un’adeguata idratazione e’ importante. Per lunghi allenamenti (più di 40 minuti) si deve avere la possibilità di poter bere ancor prima di avvertire lo stimolo della sete.
      11. Bisogna fermarsi se ci si sente svenire, si avverte dolore oppure si rimane a corto di fiato.


Dott.ssa Marianna Carone, nutrizionista.

mercoledì 16 maggio 2012

Pronte per la prova bikini?


Piccola storia del capo di abbigliamento più temuto....
Il bikini appartiene, metaforicamente parlando, alla «storia dell’altro ieri», urne, affreschi e mosaici di epoca greca e romana (i più antichi risalgono addirittura al 1400 avanti Cristo) ci mostrano giovani donne che indossano curiosi costumi a due pezzi con una grazia e un’eleganza che nulla avrebbe da invidiare alle modelle dei nostri giorni. Dovevano essere utilizzati, a giudicare dalle pitture, per l’attività atletica e per la danza accompagnata da strumenti musicali .
Il bikini moderno vide la luce a Parigi nel 1946, ideato dall’ingegnere Louis Reard: la sua trovata avrebbe dovuto sollevare il morale degli Europei, duramente provati dalla Seconda Guerra Mondiale, ed esaltare la ritrovata libertà dopo i cupi anni della dittatura. Il nome del nuovo indumento richiamava l’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, nel quale negli stessi anni gli Stati Uniti stavano conducendo test nucleari: Reard riteneva che l’introduzione del nuovo tipo di costume avrebbe avuto effetti esplosivi e dirompenti. Molti trovano inappropriata l’etimologia del nome bikini, dato che i test nucleari provocarono una seria crisi umanitaria e decenni di guerra fredda: si preferisce parlare talvolta di «due pezzi», e in effetti il bikini si compone di un pezzo superiore di forma simile ad un reggiseno e un pezzo inferiore che copre il pube oltre ad una parte più o meno ampia dei glutei, lasciando la pancia scoperta.
Uno dei primissimi bikini era indossato nel 1949 da una giovanissima Marilyn Monroe in spiaggia al mare, e da Brigitte Bardot sulla spiaggia di Nizza nel 1956. Ma ci vollero quindici anni perché il bikini negli Stati Uniti fosse ritenuto accettabile per il pubblico pudore. Nel 1958, il bikini di Brigitte Bardot nel film E Dio creò la donna diede origine ad un mercato per il costume negli Stati Uniti, e nel 1960 la canzone di Brian Hyland Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini diede l’avvio ad una corsa all’acquisto del costume. E come non ricordare Ursula Andress nei panni della Bond girl Honey Ryder in Agente 007 – Licenza di uccidere del 1962? La bellissima Ursula emerge dalle acque dell’oceano con il celebre bikini bianco e un pugnale.
Infine il bikini divenne popolare, e nel 1963 il film Beach Party, con Annette Funicello (enfaticamente non in bikini, dietro espressa richiesta di Walt Disney) e Frankie Avalon fu il primo di una serie di film che resero il costume un’icona della cultura popolare. I bikini furono indossati anche da Raquel Welch, eroina preistorica nel film Un milione di anni fa del 1966, e da Phoebe Cates in Fuori di testa del 1982. (http://www.storico.org/)
Oggi nel 2012 nel periodo tra maggio e giugno la domanda è sempre la stessa “pronte per la prova bikini?”
Quindi il capo di abbigliamento non è più un simbolo di ribellione verso il bigottismo ma uno strumento di esibizione del corpo che secondo i canoni estetici moderni deve essere tonico e snello....e voi siete pronte?

Dott.ssa Marianna Carone

martedì 15 maggio 2012

Peso e fame emotiva...

L'aumento di peso non è solamente dovuto all'eccesso di calorie ingerite, l'atto del mangiare, infatti, è condizionato da tantissimi fattori non solo di natura fisica ma anche di natura psicologica e sociale.
Ormai non si mangia solo perchè si ha fame ma alla base di questo atto, così naturale, ci sono dei condizionamenti di varia natura che non coinvologno esclusivamente un bisogno fisico ma soprattutto emotivo. Il rapporto con il cibo nell'ultimo secolo è notevolemte combiato nella società....il cibo è fruibile a tutti (almeno la maggior parte) e viene ricoperto di valenze che non sono esclusivamente nutritive.
Il problema con il cibo attualmente si risolve non più nella sua assenza ma nella sua sovrabbondanza.
Capita a tutti di mangiare in un particolare stato che può essere di gioia, quando ci si sposa si mangia o quando si festeggia una rorrenza, oppure in uno stato di malessere, sono triste o annoiato e quindi mangio, se questo avviene saltuariamente e in maniera consapevole non si dovrebbero avere problemi, ma ci sono persone che ripercuotono i loro stati d'animo sull'alimentazione e quando questo avviene ripetutamente, cioè goni volta in cui si presenta lo stimolo, e con grande senso di colpa, stiamo parlando della "fame emotiva".
 La fame emotiva si scatena in persone che di fronte ad uno stimolo stressorio ad es rabbia, tristezza, noia, felicità, ansia reagiscono mangiando. Ovviamente alla base di questo problema ci sono tantissimi fattori di natura psicologica e fisiologica. La fame emotiva è un atteggiamento che si trova nella maggior parte dei soggetti in sovarppeso o obesi, ecco perchè molto spesso, se non si riconosce questo tipo di disturbo, il sogetto in sovrappeso fallisce i tentavi di perdere peso.
Attualmente prima di cominciare un percorso di dimagrimento nei soggetti obesi bisogna indagare attentamente le cause che hanno indotto l'aumento di peso e impare a gestire il problema e rimuoverlo.
Non si tratta di un percorso semplice ma di un percorso che se svolto correttamente può portare alla soluzione del problema. Un approccio psiconutrizonale prevede la collaborazione della figura dello psicologo con quello del nutrizionista per aiutare la persona che desidera perdere peso e capire e interpretare gli stimoli emotivi. Un approccio di questo tipo considera la persona nella sua totalità psicobiologica e tiene presente della multifattorietà dell'obesità.
L'obbiettivo  di un percorso dietetico e psciologcio è quello di rimuovere gli stimoli che portano alla fame nervosa, in questo modo si previene il riacquisto del peso e si spezzano i circoli viziosi che hanno portato al sovrappeso. La terapia in questo contesto deve servire a comprendere e gestire le emozioni e a capire i propri stimoli fisici di fame e sazietà.
Il percorso psico- nutrizionale ha come obiettivo la comprensione e il cambiamento della relazione tra alimentazione, emozioni peso e corpo.
Quando si rompe il circolo vizioso che lega aumento il cibo alle emozioni la perdita di peso diventa accessibile e duratura.

Dott.ssa Marianna Carone

mercoledì 9 maggio 2012

Il Bambino dallo Psicologo: come spiegargli il perchè dell'intervento

Spesso i genitori che si rivolgono ad uno psicologo per una consulenza riguardante il proprio figlio hanno difficoltà nell’immaginarsi come comunicare al bambino l’opportunità che lui faccia delle sedute a scopo diagnostico.
In situazioni simili è importante che essi condividano con lo specialista innanzitutto le proprie ipotesi, a partire dalle quali pensare insieme cosa riferire al figlio e come farlo.

Un punto di partenza fondamentale è quello di essere sinceri con il bambino. Questo per almeno tre ordini di motivi.

  • In primo luogo perché se un bambino manifesta dei sintomi di disagio è importante possa avvertire che i propri genitori ne sono consapevoli e che hanno a cuore il fatto di affrontare la questione.
  • Secondariamente perché sentendosi, per quanto sopra, capito e supportato dai propri adulti di riferimento, possa affrontare con maggior serenità il momento di conoscenza con lo psicologo.
  • Potrà inoltre sperimentare come i propri genitori non siano “onnipotenti” (fantasia abbastanza tipica durante l’infanzia): anch’essi possono avere bisogno di un aiuto esterno, e questo lo sosterrà nel favorire una maggiore messa in gioco personale all’interno del processo conoscitivo con lo psicologo.

  • Il tutto si pone nell’ottica fondamentale, all’interno del contesto della consultazione psicologica, di poter incoraggiare la massima collaborazione attiva da parte del paziente, che possa sentirsi quanto più possibile libero di manifestare i propri pensieri, emozioni, affetti.
    La consultazione psicologica con un bambino, proprio per la particolarità di rivolgersi a un individuo in piena fase evolutiva, si avvale di strumenti tipici che possano facilitare l’emergere di contenuti ,verbali e non, utili allo specialista per la comprensione del funzionamento psichico del bambino in questione. Normalmente nello studio di uno psicologo dell’età evolutiva sono quindi presenti materiali per disegnare e oggetti di diverso tipo: animali, bambole, personaggi che rappresentino una famiglia, costruzioni, plastilina, oggetti di uso quotidiano (ad esempio pentolini, piatti e posate, oppure il cellulare), giochi strutturati (puzzle, il gioco dell’oca, il domino, etc.), macchinine, riproduzioni di armi come spada o pistola.
    Al bambino potrà essere spiegato che avrà a disposizione questo genere di oggetti durante la seduta, così da farlo sentire accolto e da rinforzare in lui la consapevolezza di poter affrontare l’esperienza con i propri mezzi: in questo senso è il setting ad adattarsi al paziente, e non viceversa.

    Più piccolo è il bambino, infatti, più la componente verbale è mancante nell’interazione con lo psicologo, mentre vengono utilizzati altri canali, più congeniali al raggiungimento dell’obiettivo e alla ricerca di significato dei contenuti che emergono, sui quali si può lavorare per formulare una diagnosi.

    E’ anche possibile che il professionista abbia intenzione/necessità di utilizzare dei test specifici, il cui contenuto e modalità operative potranno di volta in volta essere spiegate direttamente, evitando aspettative sproporzionate. Questo anche perché, soprattutto in età scolare, è verosimile che un bambino assimili la parola “test” (e la concezione che ne ha in mente) con ciò che di più simile esiste già nella propria esperienza, cioè una verifica scolastica: con il chiaro rischio di avvicinarsi alla prova in maniera oltremodo apprensiva, e rischiando quindi una falsificazione dei contenuti.
    A volte, inoltre, sono le questioni dei genitori a ricadere pesantemente sui figli (ad esempio in caso di una separazione particolarmente conflittuale, di un grave lutto, della presenza di un familiare gravemente malato  fisicamente o psicologicamente),  e allora l’intervento dello psicologo potrà avere una funzione in qualche modo preventiva: non si aspetta che il bambino manifesti un disagio specifico, ma si interviene a monte. In casi simili la comunicazione chiara delle motivazioni alla base del consulto è importante, in quanto deresponsabilizzando il bambino, può agevolare la sua alleanza con lo specialista.

    In alcune occasioni, infine, lo specialista può avvalersi dell’opportunità di effettuare delle osservazioni del bambino alla presenza di uno o di entrambi i genitori (in coppia o singolarmente): è importante spiegare adeguatamente che si tratta di un setting particolare, predisposto per raggiungere obiettivi collegati alla condivisione diretta delle dinamiche affettive circolanti in famiglia.

    In ogni caso un bambino, circa dai 2 anni in poi, può essere in grado di entrare da solo nello studio dello psicologo, ma ciò è collegato in gran parte dal sentirsi emotivamente supportato da genitori: se un figlio inconsciamente sente in qualche modo di tradire i genitori o avverte il loro timore, allora farà molta fatica ad affidarsi allo specialista, e chiederà con forza di essere accompagnato fin dentro lo studio. Spesso può invece bastare la rassicurazione del fatto che il genitore rimanga nella sala d’aspetto, eventualmente a disposizione nel caso il piccolo senta il bisogno di sincerarsi della sua presenza, per poi tornare in stanza da solo.

    dott.ssa Manuela Carone

    Fonte: http://www.psicoterapia-milano.it/infanzia-e-adolescenza

    venerdì 4 maggio 2012

    Insomma, nella pancia c'è un cervello che «assimila e digerisce non solo il cibo, ma anche informazione ed emozioni che arrivano dall'esterno».

    Michael D. Gershon, esperto di anatomia e biologia cellulare della Columbia University,ha presentato a la «teoria dei due cervelli» sul suo libro "Il secondo cervello" edito da UTET nel 2006. 

    «Quanti hanno sperimentato la sensazione delle "farfalle nello stomaco" durante una conversazione stressante o un esame?». E' solo un esempio delle emozioni «della pancia», come nausea, paura, ma anche dolore e angoscia.
    "Sappiamo che, per quanto il concetto possa apparire inadeguato, il sistema gastroenterico è dotato di un cervello. Lo sgradevole intestino è più intellettuale del cuore e potrebbe avere una capacità "emozionale" superiore. E il solo organo a contenere un sistema nervoso intrinseco in grado di mediare i riflessi in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale."

     «La teoria dei due cervelli poggia su solide basi scientifiche - spiega l'esperto americano - Basti pensare che l'intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Insomma, l'intestino è la sede di un secondo cervello vero e proprio. E non a caso le cellule dell'intestino - aggiunge Gershon - producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere»

    "L’evoluzione ci ha giocato uno scherzetto. Quando i nostri avi emersero dal brodo primordiale ed acquisirono una spina dorsale, svilupparono anche un cervello nella testa ed un intestino con una intelligenza propria. In tal modo, l’organismo poteva dedicarsi a cose più piacevoli, tipo la ricerca del cibo, lo sfuggire alla distruzione e fare sesso con altri organismi. Tutto ciò poteva verificarsi mentre l’intestino si occupava della digestione e dell’assorbimento fuori dalla norma comunemente accettata della cognizione. Non era necessario dedicare dell’energia cerebrale a faccende relative ai visceri, perchè questi si occupavano personalmente di sé stessi. […]

    Il sistema nervoso enterico è una curiosità, un residuo che abbiamo conservato dal nostro passato evolutivo. Di certo, non suona come qualcosa che possa attirare l’interesse di tutti, invece dovrebbe. L’evoluzione è un revisore potente. Le parti del corpo futili o non assolutamente necessarie hanno poche possibilità di farcela a superare le difficoltà della selezione naturale. Tuttavia, un sistema nervoso enterico è stato presente in ciascuno dei nostri predecessori nel corso di milioni di anni della storia dell’evoluzione che ci separa dal primo animale dotato di spina dorsale. Quindi, il sistema nervoso enterico deve essere più di una reliquia. Di fatto, il sistema nervoso enterico è un centro di elaborazione dati moderno e pieno di vita che ci consente di portare a termine alcuni compiti molto importanti e spiacevoli senza alcuno sforzo mentale. Quando l’intestino assurge al livello di percezione cosciente, sotto forma, ad esempio, di acidità di stomaco, crampi, diarrea o stitichezza, non si entusiasma certo nessuno. Vogliamo che siano i nostri visceri ad occuparsene, in modo efficace ed al di fuori della nostra consapevolezza. Poche cose sono più penose di un intestino inefficiente dotato di sensibilità....


    «A lungo l'intestino è stato considerato una struttura periferica, deputata a svolgere funzioni marginali. Ma la scoperta di attività che implicano un coordinamento a livello emozionale e immunologico ha rivoluzionato questo pensiero - spiega Umberto Solimene dell'Universitá di Milano, direttore del centro collaboratore Oms per la medicina tradizionale - Nella pancia troviamo infatti tessuto neuronale autonomo».
    L'intestino rilascia serotonina in seguito a stimoli esterni, come immissione di cibo, ma anche suoni o colori. E a input interni: emozioni e abitudini. «Insomma questo neurotrasmettitore è come un direttore d'orchestra, che manovra le leve del movimento intestinale. Studi su cavie geneticamente modificate, ma anche in vitro, «hanno dimostrato l'esistenza di un asse pancia-testa». Per Gershon è la prima a dominare, almeno in certi campi. «La quantità di messaggi che il cervello addominale invia a quello centrale è pari al 90% dello scambio totale», sostiene il ricercatore. Per la maggior parte si tratta di messaggi inconsci, che percepiamo solo quando diventano segnali di allarme e scatenano reazioni di malessere.

    Dott.ssa Marianna Carone, Nutrizionista

    mercoledì 2 maggio 2012

    Le Donne, Le Mele e Shakespeare


    A tutte le donne che cadono per essere raggiunte, perchè non si facciano calpestare o semplicemente raccogliere da terra, ma che attendano sull'albero di maturare, da sole, godendo di quello che sono, sicure di quello che diventeranno, certe che allora chi le coglierà sarà degno di loro.

    dott.ssa Manuela Carone


    Le ragazze sono come le mele sugli alberi.
    Le migliori sono sulla cima dell'albero.
    Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori,
    perché hanno paura di cadere e di ferirsi.
    In cambio, prendono le mele che sono cadute a terra,
    e che, per non essendo buone,
    sono facili da raggiungere.
    Perciò le mele che stanno sulla cima dell'albero,
    pensano che qualcosa non vada in loro,
    mentre in realtà "esse sono meravigliose".
    Semplicemente devono essere pazienti e
    aspettare che l'uomo giusto arrivi,
    colui che sia così coraggioso da arrampicarsi
    fino alla cima dell'albero per esse.
    Non devono cadere per essere raggiunte,
    chi avrà bisogno di loro e le ama
    farà di tutto per raggiungerle.
    La donna uscì dalla costola dell'uomo,
    non dai piedi per essere calpestata,
    né dalla testa per essere superiore.
    Ma dal lato per essere uguale, sotto
    il braccio per essere protetta e
    accanto al cuore per essere amata.

    William Shakespeare


    La versione originale, in inglese, presentata con un calligramma è questa:

    Girls are like
    apples on trees. The best
    ones are at the top of the tree.
    The boys don't want to reach for
    the good ones because they are afraid
    of falling and getting hurt. Instead, they
    just get the rotten apples from the ground
    that aren't as good, but easy. So the apples
    at the top think something is wrong with
    them, when in reality, they're amazing.
    They just have to wait for the right
    boy to come along, the one
    who's brave enough
    to climb
    all the way
    to the top
    of the tree.

    lunedì 23 aprile 2012

    Gertrude Stein...L'Amore non Ha Sesso


    Nel salotto parigino di Gertrude Stein si davano appuntamento Picasso ed Hemingway, Matisse e Scott Fitzgerald. E' stata una scrittrice geniale e un'infallibile mecenate. Ma soprattutto una donna appassionata e innamoratissima della sua compagna, Alice B. Toklas, con cui visse per 39 anni fino alla fine dei suoi giorni. Quella che segue è una lettera che la Stein scrive alla compagna semplicemente mentre erano in stanze diverse e Alice era indaffarata in cucina. Una lettera piena di passione, di semplicità, che crea trasporto, commozione, ammirazione, invidia. Una lettera che chiunque vorrebbe poter dedicare. L'Amore di un essere per un altro essere..perchè l'Amore non ha sesso.

    "Amica mia, ho smesso di scrivere per scriverti. Ti darò questo biglietto stanotte, quando Parigi dorme e gli altri se ne saranno ormai andati. E' sabato oggi. Uno dei nostri, formidabili  sabati. La casa, questa nostra casa di Rue de Fleurus, presto si riempirà di amici. Chi verrà stasera? Hemingway, Picasso, Fitzgerald, la stravagante Zelda? Ci riuniamo qui ogni settimana, ogni sabato appunto, tra i quadri degli amici, Cezanne, Renoire, Matisse, Gauguin. E si parla, si parla, si parla. Di poesia, letteratura, di se stessi. Sono serate straordinarie fatte di profumi, vino, oppio, risate, a volte scontri clamorosi, passioni, illusioni. L'illusione di cambiare il mondo. Lo sappiamo tutti che non si può. Ma è un'illusione importante: senza ne moriremmo. Amica mia, ti sento sai. ti sento di là, mentre armeggi con i tuoi strumenti e prepari i cibi deliziosi che offriremo stasera. Ti piace farlo. A me piace che tu lo faccia. A volte vorrei aiutarti. Ma tu non vuoi. Mi vezzeggi, medichi i miei furori, asciughi laghi di tristezza in cui ogni tanto mi sembra di annegare, ti prendi cura di me, come una moglie devota. Sei una moglie preziosa. Alice, cosa sarei stata io Gertrude senza di te? Domanda stupida. I "se" e i "ma" contano niente nella vita. I ricordi invece...quelli si. Di noi insieme c'è un fiume lento che scorre silenzioso come sangue dentro di me. Eri arrivata dall'America, Alice, scampata al terremoto e all'incendio di san Francisco e Harriet Levy ti aveva portato subito da mio fratello Michael Stein. E' stao lì in Rue Madame, che ci saimo conosciute. Poi quella passeggiata ai giardini di Lussemburgo. Ti avevo dato unn appuntamento lì, ma tu non arrivavi. Ero furibonda ricordi? Faceva freddo anche se c'era il sole e all'improviso io ti avevo preso sottobraccio. La  mia mano poi aveva cercato la tua dentro al manicotto di volpe. Ti ho raccontato di me, della mia vita, dei  miei amori passati. E di May, la mia compagna di studi. Allora fosti tu ad infuriarti. Un giorno qui a casa rovistando in un cassetto avevi trovato tutte le lettere di May. E ne avevi fatto un mucchio, che con enfasi avevi gettato nel caminetto. Avevo riso di te, della tua gelosia, mentre guardavo le fiamme alzarsi più vivide, alimentate da quell'amore giovanile, ma fatto di nulla in confronto al nostro. Scusami se ho riso. Non si dovrebbe mai ridere dei sentimenti altrui. Ti sposerei davvero, ma non si può. Anche se noi lo sappiamo, siamo già sposate. E' successo a Fiesole, durante un'altra passeggiata memorabile. Nessuno con noi. Ma la promessa ce la siamo scambiata là, su quella panchina. E' una promessa che vale come quella di qualsiasi coppia, maschio e femmina, che poi tra gli applausi taglieranno la grande torta bianca. Mi accendo una sigaretta. Il piacere è qui. Tra i velluti di questa casa che sembra una piccola grotta, il nostro rifugio. E fuori il freddo. E tu, di là, presenza lieta, insostitiubile. No, ho sbagliato. I ricordi diventano ancora meglio se legati al presente. Lo dilatano, lo gonfiano come il lievito che tu starai mettendo per il dolce di stasera. E' il tessuto dei ricordi che fa di questo momento pacifico e di amore qualcosa di più che un momento di amore. Sono pigra e stanca. Ma ora verrò di là. Da te. A darti un bacio sulla nuca inerme."

    da leggere "Autobiografia di Alice Toklas" G.Stein- Einaudi



    dott.ssa Manuela Carone

    sabato 14 aprile 2012

    Dichiarazione di Autostima...da leggere ogni mattina

    Virginia Satir (Neillsville, Wisconsin, 26 giugno 196 – 10 settembre 1988) è stata una psicologa statunitense, famosa psicoterapeuta, conosciuta per i suoi studi e per la pratica clinica, che ebbero come riferimento la metodologia della terapia familiare. Virginia Satir ha incontrato più di tremila famiglie, cioè più di diecimila persone. Incontri con una coppia, una famiglia, la famiglia allargata, o diverse famiglie in seminari di una settimana, con contatto continuo, ventiquattr'ore su ventiquattro.
    Secondo Virginia Satir la famiglia è il luogo essenziale di crescita delle potenzialità umane, poichè in essa si forma la persona nella sua duplice dimensione: individuale e sociale.
    Le famiglie sono le unità sociali di base, per cui, aiutandole a svilupparsi, si fa progredire l'intera società.
    I suoi workshop e le sue presentazioni avevano il potere di tenere la gente come “incantata”, mentre apprendevano cose pratiche circa se stessi, la comunicazione, la vita in famiglia e in comunità.
    Il suo humour, la capacità di creare immagini e role-playing riuscivano a portare in superficie i sentimenti delle persone.
    Virginia Satir ci ha lasciato il suo favoloso ottimismo e questa bellissima Dichiarazione di Autostima che invito a leggere per riflettere su noi stessi, su quello che siamo e possiamo essere prendendo ciò che di autentico c'è in noi.

    dott.ssa Manuela Carone

    Dichiarazione di Autostima di Virginia Satir

     

    Io sono io. In tutto il mondo non esiste nessuno che sia come me.

    Tutto quello che proviene da me è autentico, perché sono soltanto io a sceglierlo.

    Io possiedo tutto di me, il mio corpo, le mie sensazioni, la mia bocca, la mia voce, tutte le mie azioni, che siano per gli altri o per me.
    Possiedo le mie fantasie, i miei sogni, le mie speranze, le mie paure.

     Possiedo i miei trionfi e successi, tutti i miei fallimenti ed errori perché possiedo tutto di me e sono in grado di riconoscermi intimamente.
    In questo modo posso amarmi e diventare mia amica/o, in ogni mia parte.

    So che ci sono aspetti di me che mi confondono e altri aspetti che non conosco, ma fino a quando continuo a essere mia amica/o e a volermi bene, posso cercare coraggiosamente e con speranza delle soluzioni alle incertezze e posso trovare strade per conoscermi ancora meglio.

    In qualsiasi modo io appaia e mi esprima, qualsiasi cosa dica e faccia e qualsiasi cosa pensi e senta, in qualsiasi momento sono io, in maniera autentica.

    Se in seguito alcune parti di come appaio, di come mi esprimo e di come penso diventano sconvenienti, posso mettere da parte ciò che non va, tenere ciò che rimane e inventare qualcosa di nuovo al posto di ciò che ho scartato.

    Posso vedere, ascoltare, sentire, pensare, dire e fare.
    Possiedo gli strumenti per sopravvivere, per essere vicina/o agli altri, per essere produttiva/o, per dare un senso e un ordine là fuori nel mondo delle persone e alle cose al di fuori di me.

    Io possiedo me stessa/o e allo stesso tempo posso ideare me stessa.

    Io sono me e sono giusta/o. 


    Fonte: Avanta- The Virginia Satir Gloal Network

    venerdì 13 aprile 2012

    Acqua e perdita di peso...


     

    Tutti sanno che bere acqua è importantissimo e senza di essa la vita non sarebbe possibile. Se sono noti gli effetti salutistici del bere acqua invece l'idratazione è spesso sottovalutata dal punto di vista del dimagrimento, anche se l'uomo è composto per il 60% di acqua.
    Ormai è noto che l'aumento di peso può essere attribuita a diversi fattori, tra cui una riduzione della spesa energetica, una riduzione del fabbisogno di energia e un aumento dell'introito calorico, ma la maggior parte delle persone ignora che aumentare il consumo giornaliero di acqua è ampiamente riconosciuto come strategia per perdere peso. Studi epidemiologici suggeriscono che l'apporto energetico è significativamente inferiore, circa del 9% o 194 kcal al giorno, in coloro che bevono molta acqua rispetto a coloro che ne bevono poca, e che il consumo di bevande zuccherate è associato con l'aumento di peso e obesità. Recenti studi hanno dimostrato che aumentare l'ingestione di acqua diminuisce il consumo di bevande ad alto contenuto calorico e che aumentare il consumo di 1 litro di acqua al giorno nelle donne in sovrappeso è associato con la perdita di peso di circa 2 kg in più rispetto alle donne che ne bevono meno di 1 litro al giorno in un anno di dieta. Inoltre test di laboratorio hanno dimostrato che l'acqua consumata durante un pasto riduce le valutazioni della fame e aumenta il senso di sazietà.
    In un recente studio, condotto presso l'università della Virginia nel 2010, è stato dimostrato che tra due gruppi di persone in sovrappeso che seguivano una dieta ipocalorica, la perdita di peso è stata differente tra il gruppo che doveva bere 500ml di acqua prima di ogni pasto principale rispetto all'altro gruppo che non doveva bere prima dei pasti, il primo gruppo ha perso 2kg in più nello stesso periodo di tempo.
    Sebbene l'esatto meccanismo per cui la perdita di peso sia maggiore con un consumo maggiore di acqua è attualmente sconosciuto si possono valutare varie ipotesi:
    • In primo luogo, cambiamenti nelle sensazioni soggettive della fame e della sazietà sono associati con un'acuta riduzione dell'introito calorico nel pasto, questo potrebbe facilitare la perdita di peso e aumentare la fattibilità di una dieta ipocalorica.
    • In secondo luogo, sostituire bevande zuccherine nella dieta con l'acqua può portare ad una riduzione complessiva dell'introito calorico, infatti dati epidemiologici suggeriscono che bere bevande caloriche aumenta di circa 400 kcal l'introito calorico giornaliero.
    Quindi alla luce dei recenti studi è importante aumentare il consumo di acqua durante una dieta dimagrante e per mantenere il peso raggiunto.
    Per favorire la riduzione del peso corporeo seguendo un regime alimentare ipocalorico è assolutamente opportuno bere a piccoli sorsi e frazionando l'acqua durante la giornata fino ad arrivare a 2 litri di acqua al giorno, è importante bere due bicchieri di acqua appena svegli e 2 bicchieri di acqua prima dei pasti principali.

    Dott.ssa Marianna Carone



    venerdì 6 aprile 2012

    Buona Pasqua!


    Nutripsy augura a tutti una felicissima Pasqua, piena di serenità e gioia!

    Dott.ssa Marianna Carone
    Dott.ssa Manuela Carone

    Consigli per le feste....


    Ogni anno durante le feste si ripete sempre lo stesso ritornello....
    Ci si dedica ad enormi abbuffate per poi porre rimedio e mettersi "a dieta" subito dopo oppure digiunando.

    Eppure basterebbero pochi semplici accorgimenti per evitare di ritrovarsi con dei chili di troppo dopo le feste:
    • Per prima cosa ritrovare il piacere delle festività senza doversi dedicare esclusivamente al cibo, per chi ha la possibilità di stare in compagnia può porre maggiore attenzione alla convivialità della tavola e alla piacevolezza della conversazione piuttosto che all'abbuffata, per chi invece non è in compagnia può approfittare delle feste per coccolarsi, senza il bisogno del cibo, ma dedicandosi al relax e alla cura della propria persona, fare passegiate o cure estetiche...
    • Mangiare un pò di tutto, preferendo sempre i piatti più semplici e poco conditi, stuzzicando verdure crude durante tutto il pasto al posto di pane e stuzzicherie,
    • Imparare a dare un limite al proprio appetito, cioè non andare mai oltre il proprio senso di sazietà,
    • Fermarsi ad assoparare il cibo, non bisogna mangiare quello che ci si presenta davanti in maniera automatica, ma masticare lentamente e godere di quello che si ha nel piatto con calma e gusto,
    • Concedersi gli extra senza sentirsi in colpa, questo non deve autorizzare a mangiare qualsiasi cosa, ma concedersi una pietanza, tipo il dolce, che normalmente non si mangia,
    • Rompere il meccanismo per cui dopo che si è mangiato fuori dallo schema tutto è vanificato e quindi ci si sente autorizzati a strafare,
    • Mai digiunare per porre rimedio, è inutile e frustrante.
    Ricordarsi sempre che perdere peso o semplicemente mantenersi in forma è un percorso lungo a cui dedicare costante impegno per modificare il proprio stile di vita...mangiare tantissimo in un giorno e poi digiunare è assolutamente sbagliato e sconsgiliato da un punto di vista salutistico.
    Spero che questi piccoli consigli possano essere utili per evitare di ritrovarsi con qualche chilo di troppo dopo Pasqua,
     auguro a tutti di trascorrere delle feste serene e piene di armonia!

    Dott.ssa Marianna Carone

    martedì 3 aprile 2012

    Quando Ho Cominciato ad Amarmi Davvero



    Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
    mi sono reso conto che la sofferenza e il dolore emozionali
    sono solo un avvertimento che mi dice di non vivere contro la mia verità.
    Oggi so che questo si chiama
    AUTENTICITA’
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito
    com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri,
    pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
    anche se quella persona ero io.
    Oggi so che questo si chiama
    RISPETTO PER SE STESSI.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso
    di desiderare un’altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda
    é un invito a crescere.
    Oggi so che questo si chiama
    MATURITA’.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre
    ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello
    che succede va bene.
    Da allora ho potuto stare tranquillo.
    Oggi so che questo si chiama
    STARE IN PACE CON SE STESSI.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
    ho smesso di privarmi del mio tempo libero
    e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
    Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento,
    ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi.
    Oggi so che questo si chiama
    SINCERITA’.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò
    che non mi faceva del bene: cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò
    che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso,
    all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma oggi so che questo è
    AMORE DI SE’
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
    ho smesso di voler avere sempre ragione.
    E cosi ho commesso meno errori.
    Oggi mi sono reso conto che questo si chiama
    SEMPLICITA’.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
    mi sono rifiutato di vivere nel passato
    e di preoccuparmi del mio futuro.
    Ora vivo di più nel momento presente, in cui TUTTO ha un luogo.
    E’ la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo
    PERFEZIONE.
    Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
    mi sono reso conto che il mio pensiero può
    rendermi miserabile e malato.
    Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore,
    l’intelletto è diventato un compagno importante.
    Oggi a questa unione do il nome di
    SAGGEZZA DEL CUORE.
    Non dobbiamo continuare a temere i contrasti,
    i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri
    perché perfino le stelle, a volte, si scontrarno fra loro dando origine
    a nuovi mondi.
    Oggi so che QUESTO è LA VITA!


    Charlie Chaplin

    *IMPORTANTE: questa splendida poesia è stata erroneamente attribuita a Chaplin. In realtà il titolo originale della poesia è “When I loved myself enough” ed è stata scritta da Kim e Alison McMillen

    lunedì 19 marzo 2012

    Il Papà tra Attacamento e Autonomia


    Il legame di attaccamento non si riferisce esclusivamente alla relazione madre-bambino.
    Il neonato sviluppa un attaccamento affettivo nei confronti di chi si prende cura di lui, sia fisicamente che con coccole e attenzioni. L’attaccamento nei confronti della madre è ovvio e naturale, ma molti studi rivelano che questo sentimento si sviluppa anche nei confronti delle altre persone che si occupano del piccolo, primo fra tutti il padre. Ad esempio gli studi di Lamb (1981) hanno evidenziato che non ci sono grosse differenze nei segni di attaccamento che mostra un bambino piccolo quando gioca da solo, prima con un genitore e poi con l'altro. Altre ricerche (Lamb, Power e Parke, 1983) hanno messo in evidenza che ci sono delle differenze nel modo in cui i padri e le madri interagiscono con i loro figli piccolini : i padri tendono ad essere più decisi nei movimenti, sollecitano, scuotono, toccano di più il bambino e in tal modo ne tengono viva l'attenziopne. Le madri invece hanno più spesso atteggiamenti protettivi, dondolano, cullano, parlano dolcemente. Entrambe le modalità sono gradite al bambino, che si trova bene sia con l'uno che con l'altra. Padre e madre svolgono spesso ruoli deversi ma complementari e il bambino si affeziona ad entrambi.  integratrice ed equilibratrice del rapporto affettivo tra madre e figlio.
    Il papà  oggi non è più solo un’autorità amata-temuta, ma è diventato una vera e propria figura di riferimento per il bambino,
    Nella madre, infatti, spesso è presente un desiderio di “non crescita” del figlio, una sorta di cordone ombelicale metaforico. Il padre, invece, ha il compito di tagliare questo cordone ombelicale, accompagnando gradualmente il bambino verso l’autonomia.  
    Il ruolo del padre di oggi  è quello di aiutare il bambino a crescere, incoraggiandolo ad affrontare le tappe fondamentali che piano piano lo porteranno verso la conquista della propria autonomia.
    I primi passi, le prime paroline, l’addio al ciuccio e al pannolino: sono momenti in cui la presenza del padre è importantissima, sia per infondere fiducia nel bambino spronandolo a mettere alla prova le proprie capacità, sia per sostenere la madre, aiutandola ad affrontare i dubbi e le paure derivanti dall’idea che il piccolo sta diventando grande.
    La ricerca del proprio ruolo in quanto padre è un’impresa complicata, che ognuno affronta a modo proprio. Gli psicologi riconoscono 4 categorie:
    1) padri in travaglio: sono pieni di dubbi e fanno fatica a capire qual è il posto che devono occupare all’interno della famiglia;
    2) mammi: come si può intuire dalla parola stessa, i mammi sono quei padri che si sono identificati nella figura materna e ritengono di essere più bravi della madre ad allevare e accudire il figlio;
    3) rinunciatari: fare il papà non è facile, perciò alcuni decidono di rinunciare. Si rifanno magari all’esempio del proprio padre, che si limitava a portare a casa lo stipendio senza prendere parte attiva nella cura dei figli;
    4) padri che ce la fanno: questi papà riescono a creare un forte legame affettivo col bambino accudendolo già da piccolo, ma non per questo cercano di sostituire la madre nel suo ruolo.


    dott.ssa Manuela Carone


    Bibliografia
    M.E.Lamb "Il Ruolo del Padre"
    A. Oliverio Ferraris "I Motivi del Comportamenrto Umano"

    giovedì 15 marzo 2012

    La Dipendenza da Cibo Spazzatura




    Sarà capitato sicuramente a tutti, magari al termine di una giornata lavorativa molto faticosa oppure in un momento di forte ansia, di cedere all’irresistibile tentazione di divorare qualsiasi “schifezza” che ci capiti a tiro. Molto spesso è proprio la nostra mente che ci spinge a rimpinzarci di vere e proprie bombe caloriche grondanti grassi e zuccheri.
    Ed è proprio dai nostri meccanismi cerebrali che si scatena una sorta di frenesia divoratrice che può essere del tutto paragonata a ciò che succede a chi soffre di altre forme di dipendenza, quali ad esempio il fumo o la droga. Questa è la conclusione a cui è giunta la ricerca statunitense recentemente pubblicata dalla nota rivista di settore Nature Neuroscience e condotta dai ricercatori Paul Johnson e Paul Kenny nell’Istituto Scripps di Jupiter, in Florida.
    Nello specifico, gli studiosi hanno osservato e testato il fenomeno di dipendenza dal cosiddetto “junk food” (cibo spazzatura) su dei ratti da laboratorio introducendo nella loro alimentazione usuale, composta per lo più da cibi leggeri e sani, dei gustosi snack a base di salsicce, bacon, dolci vari e cioccolato. Pare proprio che gli animali abbiano accettato di buon grado questa piacevole variazione della loro dieta con una conseguente assunzione di eccessive calorie ed un crescente aumento di peso.
    La ricerca ha messo in evidenza il fatto che, dopo un breve lasso di tempo, i ratti non erano più in grado di avvertire il senso di sazietà e continuavano dunque ad ingerire alimenti grassi anche quando non era indispensabile. Tutto ciò pare sia indotto dalla modificazione dei cosiddetti “circuiti di ricompensa” ovvero le aree del cervello che regolano la produzione della dopamina (sostanza chimica che attiva dei recettori specifici e trasmette gli impulsi dell‘appagamento). Normalmente questi circuiti cerebrali vengono sollecitati e si attivano prontamente ogniqualvolta si stia vivendo una situazione positiva; dunque l’affievolimento dei suddetti meccanismi riscontrato nei ratti alimentati con i cibi spazzatura pare del tutto assimilabile a ciò che accade nella dipendenza da fumo e droga.
    Per ripristinare una condizione di assoluta normalità nei circuiti di ricompensa degli animali sono trascorse ben due settimane dalla sospensione degli snack ipercalorici. La Coldiretti ha commentato questi risultati fornendo delle percentuali sull‘alimentazione scorretta dei bambini italiani alquanto preoccupanti: ben il 41% consuma giornalmente bevande ricche di zucchero e privilegia i cibi grassi anziché la frutta e la verdura. Se si correggessero le abitudini alimentari seguendo una sana dieta mediterranea non si soffrirebbe di vere e proprie crisi d’astinenza da junk food.

    Tratto da
    www.ecplanet.com

    martedì 13 marzo 2012

    Sovrappeso e depressione, nesso reciproco

     Fondamentale l'aspetto psicologico nella buona riuscita di una dieta

     


    Per riuscire a dimagrire serve anche la psicologia. Secondo uno studio pubblicato sul General Hospital Psychiatry da un team di ricercatori del Group Healht Research Institute di Seattle, chi ha bisogno di rimettersi in forma va aiutato anche da un punto di vista psicologico per vincere quei sintomi depressivi che vanno di pari passo con la condizione di sovrappeso o di obesità.Lo studio ha dimostrato infatti che curare anche il malessere psicologico porta quasi a raddoppiare le probabilità di successo della dieta. Peraltro, già studi precedenti avevano stabilito che forme depressive nell'infanzia erano associate ad obesità nel corso dell'adolescenza e in età adulta. Allo stesso modo, l'obesità nel corso dell'adolescenza è associata a depressione nei giovani adulti.
    Il team guidato da Gregory Simon ha verificato la condizione di 203 donne di età compresa fra i 40 e i 65 anni per e i 65 anni per un periodo di un anno. A tutte le donne erano stati diagnosticati sintomi depressivi. I ricercatori hanno diviso le donne in due gruppi, curandosi esclusivamente della perdita di peso nel caso del primo gruppo, affrontando invece anche i disturbi psicologici per il secondo. I risultati parlano chiaro: fra le donne del secondo gruppo, la percentuale di riuscita della dieta era del 38 per cento, contro il 22 del primo gruppo. Fondamentale è stato l'apporto dell'esercizio fisico. Infatti, spiega Simon, “il rapporto tra depressione e attività fisica è bidirezionale. Il buon umore fa venir voglia di fare movimento, e fare movimento mette a sua volta di buon umore”. D'accordo con i risultati dello studio lo psichiatra Roshanaei-Moghaddam dell'Università di Washington: “la maggior parte dei programmi per
    dimagrire non presta sufficiente attenzione allo stato psicologico delle persone in sovrappeso. Questo studio sottolinea ancora una volta l’importanza di valutare subito eventuali sintomi depressivi nei pazienti obesi che chiedono aiuto: "programmi combinati mirati al raggiungimento sia del benessere
    fisico sia di quello psicologico, possono risultare sicuramente più efficaci su entrambi i fronti".La scala di valutazione utilizzata dai ricercatori per giungere alle loro conclusioni si è avvalsa di quattro parametri:

    - misurazione diretta e oggettiva del peso corporeo;
    - scala di 20 sintomi depressivi ricavata dalla Hopkins Symptom Checklist utilizzata in ambito psichiatrico;
    - scala in 13 punti per la misurazione dell'attività fisica svolta, sviluppata da Jacobs, che consente di valutare il grado di frequenza con il quale i partecipanti si sono impegnati in attività fisiche moderate (ad esempio camminare, fare i lavori di
    casa ecc.) o intense (fare jogging, nuotare, partecipare a lezioni di aerobica);
    - un questionario sul cibo basato sul consumo di 65 alimenti messo a punto dal National Cancer Institute.

    fonte
    www.italiasalute.it

    venerdì 9 marzo 2012

    Lo Sviluppo della Coppia


    Quando i primi biologi hanno studiato la struttura di piante e animali hanno scoperto che la crescita è un processo di trasformazione. Dalla cellula si sviluppano nuove forme con nuove funzioni, attraverso progressivi stadi sempre più complessi. Ogni stadio successivo si basa su quello precedente e si presenta come una sua trasformazione in una forma più complessa. Questo stesso processo degli organsmi biologici è riscontrabile nello sviluppo psicologico degli esseri umani. Loevinger nel 1966 ha proposto una sintesi delle principali caratteristiche di un modello di sviluppo:
    • ordine invariabile degli stadi di sviluppo
    • nessuno stadio può essere saltato
    • ogni stadio è più complesso del precedente e rappresenta una trasformazione in una nuova forma di ciò che esisteva in precedenza
    • ogni stadio si basa sul precedente e prepara il successivo
    Bader e Person nel 1988 dimostrano come questi assunti si applichino alle coppie e all'evoluzione di efficaci relazioni. Il modello evolutivo della coppia si basa sulle seguenti assunzioni:
    • le relazioni di coppia attraversano i normali stadi evolutivi della prima infanzia (come descritti da M. Mahler)
    • lo sviluppo nella prima infanzia, quindi, ha un effetto significativo sulla relazione di coppia
    • ogni stadio della coppia ha precisi compiti da svolgere, ogni stadio è più complesso del precedente e richiede nuovi strumenti basati sull'integrazione e trasformazione in una nuova forma di ciò che esisteva precedentemente.
    Una prima fonte di conflitto e di divisione in una relazione si verifica quando uno o entrambi gli individui non sono capaci di padroneggiare i compiti evolutivi necessari per faciltare il nuovo stadio.
    Gli interventi terapeutici possono essere fatti su misura per uno specifico stadio.
    Quando si verifica una fase di stallo o un partner è incapace di muoversi attraverso un conflitto o di sviluppare strumenti nuovi, si cercano i paralleli tra le esperienze fatte nella famiglia d'origine e l'attuale interazione. Le fasi dello sviulppo della coppia descritte da Bader e Person che ricalcando quelle dello sviluppo infantile di M. Mahler sono:

    1. Simbiosi Nell’innamoramento, si idealizza il partner e si perdono i confini rispetto a lui/lei: le due persone sono inseparabili e spesso si distaccano dalle rispettive famiglie e dalle amicizie, passano insieme molto tempo e tendono a considerare molto le somiglianze reciproche, trascurando le differenze. Lo scopo di questa fase è stabilire il legame o attaccamento.
    2. Differenziazione Ciascun partner inizia a cogliere le differenze rispetto all’altro, riducendo l’idealizzazione reciproca; ognuno comincia a rifocalizzarsi su se stesso e sui propri bisogni, con un conseguente ristabilirsi dei confini. Lo scopo di questa fase è la gestione delle differenze negli stili di personalità, negli obiettivi e nei desideri.
    3. Sperimentazione I partner sentono fortemente il bisogno di individuarsi e riconoscersi come diversi, sperimentandosi all’esterno, per cui l’altro può essere percepito come limitante l’autonomia. In questa fase, i partner hanno il compito di consolidare il potere e l’autostima personale, riscoprendosi come individui.
    4. Riavvicinamento Al desiderio di rimanere individuati e autonomi, si unisce il bisogno di ritrovare intimità e sostegno nella relazione di coppia. I compiti evolutivi di questa fase sono lo sviluppo della capacità di impegnarsi costantemente col partner, esporre se stessi senza il timore di mostrarsi vulnerabili e di perdere l’autonomia.
    5. Interdipendenza Si raggiunge la piena intesa, attraverso la condivisione dei valori, che stabilisce autonomia e interdipendenza.
    Se entrambi i partner non progrediscono attraverso queste fasi evolutive, si genereranno conflitti e si avranno blocchi evolutivi, che spesso possono essere la riproposizione nella coppia dei blocchi personali di ciascun individuo.

    Bibiografia

    Edoardo Giusti, Claudia Montanari La co-psicoterapia. Due è meglio e più di uno in efficacia ed efficienza
     Margaret Mahler, Fred Pine, Anni Bergman La Nascita Psicologica del Bambino

    dott.ssa Manuela Carone