giovedì 23 febbraio 2012

Allo specchio....


"Si sa che da 50 anni a questa parte, in tutti i paesi in via di sviluppo, quindi anche in Italia, il rapporto dell'uomo con l'alimentazione si è complicato.
Drammaticamente....
Si mangia e ci si guarda allo specchio stretti nella morsa di due pressioni contraddittorie: l'offerta  sovrabbondante di cibi appetitosi e ipercalorici e il culto estetico della magrezza e della muscolarità.
Dismisure e conflitti alimentari, mangiare troppo, pentirsi, troppo poco, mai abbastanza poco,sono diventati così una sorta di idioma, terribilmente comune e corrente, attraverso il quale esprimere malessere infelicità, fatica di vivere.
Sono già alcuni milioni i bambini e i giovani italiani sovrappeso o obesi. E si contano in varie decine di migliaia quelli che soffrono di anoressia nervosa, di bulimia o di qualche sintomo di quell'ordine.
Ancora più numerose, molto più numerose, sono poi le giovani donne (e i giovani uomini) insoddisfatte del proprio aspetto e pronte a seguire diete non necessarie e a sottoporsi estenuamente a esercizi fisici  e a terapie estetiche più o meno inutili nella speranza di migliorare il rapporto con se stesse, con gli altri, con la vita.
Conoscere e saper distinguere i disordini alimentari non basta certo a prevenirli o guarirli....tuttavia la diffusione di informazioni corrette è utile.
Per placare ansie inopportune o, al contrario, per suscitare un allarme necessario....."

-Figlie in lotta con il cibo- R. Ostuzzi, G.L. Luxardi

Dott.ssa Marianna Carone

martedì 21 febbraio 2012

L'importanza delle parole

L'acqua è la risorsa fondamentale per tutte le forme di vita sul nostro pianeta, la sua qualità e la sua integrità sono essenziali per la loro sopravvivenza. Un sorprendente messaggio ci giunge dall'acqua attraverso le ricerche di Masaru Emoto.

Il Dr. Masaru Emoto, scienziato e ricercatore giapponese, ha messo a punto una tecnica per esaminare al microscopio e fotografare i cristalli che si formano durante il congelamento di diversi tipi d'acqua, come l’acqua di rubinetto di diverse città del mondo, acqua proveniente da sorgenti, laghi, paludi, ghiacciai di varie parti del mondo.
Gli venne poi l’idea di esporre l’acqua alle vibrazioni della musica, di parole sia scritte che dette e persino di pensieri. Si è visto che i cristalli dell’acqua trattata mutano di struttura, inviando dei messaggi.

L'acqua trattata con parole positive forma dei cristalli bellissimi simili a quelli della neve, l'acqua trattata con parole negative invece reagisce creando forme amorfe e prive di armonia geometrica. Le immagini dei cristalli sono talmente impressionanti che Masaru Emoto le ha rese disponibili su diversi libri e nelle conferenze che tiene in tutto il mondo.
Esse mostrano come l’acqua sia quasi un nastro magnetico liquido in grado di registrare in modo molto sensibile le informazioni energetiche che riceve dall'ambiente.

Gli esperimenti del dott. Emoto conducono ad un importante spunto di riflessione: poichè l'essere umano è composto dal 70% di acqua che effetto hanno dunque le parole su di noi? Emoto invita ad attaccare un pezzo di carta con scritto "grazie", "pace", "amore" sulla nostra bottiglia d'acqua, e di fare molta attenzione alle parole pronuciate.

dott.ssa Manuela Carone


"La fonte sacra di Lourdes" è nota per essere una fonte miracolosa. Questo cristallo esprime i meriti della coscienza collettiva. Un cristallo misterioso che emana il sentimento della gloria mistica.
 

"Aria per la quarta corda, Bach" questo famoso pezzo di violino sembra quasi che il cristallo sia rimasto incantato dal suono della musica. La ramificazione del cristallo di acqua si estendono liberamente.

"Canzone di addio, Chopin". La forma di base del cristallo è quasi perfettamente divisa in piccole parti che si sono "separate" l'una dall'altra. 

"Mi hai stufato, ti ucciderò". Dopo aver esposto a queste parole, la forma dell'acqua è risultata brutta. Il cristallo era distorto, imploso e disperso

L'acqua e i cristalli del bacino di Fujiwara prima di dedicarle una preghiera.

L'acqua e i cristalli del bacino di Fujiwara dopo la preghiera.

giovedì 16 febbraio 2012

Amare...troppo. La dipendenza affettiva

Lo psicanalista Fenichel nel 1945 nel libro "Trattato di psicanalisi delle nevrosi e psicosi " introduceva il termine "amoredipendenti"  ad indicare persone che necessitano dell'amore come altri necessitano del cibo o della droga.
Nella dipendenza affettiva, l'amore verso l'altro presenta diverse caratteristiche delle dipendenze in generale, pur presentando, rispetto a quest'ultime una differenza sostanziale: si sviluppa nei confronti di una persona e ciò la rende più difficile da riconoscere e da contrastare. La dipendenza affettiva condivide diverse caratteristiche con la dipendenza da sostanze:
L’"ebbrezza": il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione dei partner, che gli è indispensabile per stare bene. La “dose” :il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L’aumento di questa “dose”non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L'ossessione: l’altro è visto come un’ evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane sono trascurate quotidianamente. L’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro. Tutto ciò rivela un basso grado di autostima, seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si è "lucidi" su questo tipo di relazione con l’altro, s'intuisce che la dipendenza è dannosa ed è necessario farne a meno. Ma subentra la considerazione di essere dipendenti e ciò rafforza il basso livello d'autostima personale e quindi spinge ancora di più verso l’altro che accoglie e perdona, ben felice, talvolta, di possedere.
Riepilogando i sintomi della dipendenza affettiva sono:
  • Ossessione dell'altro
  • Paura di perdere l’amore
  • Paura dell’abbandono, della separazione
  • Paura della solitudine e della distanza
  • Paura di mostrarsi per quello che si è
  • Senso di colpa
  • Senso d'inferiorità nei confronti del partner
  • Rancore e Rabbia
  • Coinvolgimento totale e vita sociale limitata
  • Gelosia e possessività

E' normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell'innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza, il desiderio di "fondersi coll'altro", ma questo desiderio "fusionale" collo stabilizzarsi della relazione tende a scemare. Nella dipendenza affettiva, invece, il desiderio fusionale perdura inalterato nel tempo ed anzi ci si tende a "fondersi nell'altro".
Il dipendente dedica completamente tutto sé stesso all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il suo benessere e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana". I dipendenti affettivi, solitamente donne, nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, che spesso hanno origini profonde quali "vuoti affettivi" dell'infanzia. Il partner assume il ruolo di un salvatore , egli diventa lo scopo della loro esistenza, la sua assenza anche temporanea da la sensazione al soggetto di non esistere (DuPont, 1998). Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell'amore nella sua profondità ed intimità. A causa della paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine, si tende a negare i propri desideri e bisogni, ci si "maschera" replicando antichi copioni passati, gli stessi che hanno ostacolato la propria crescita personale.
Proprio per questi motivi spesso questo tipo di personalità dipendente si sceglie partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo, ecc...). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro". In questi casi la persona non è assolutamente in grado di uscire da una relazione che egli stesso ammette essere senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia, idee ossessive. Quasi sempre c'e incompatibilità d'anima, mancanza di rispetto, progetti di vita diversi se non opposti, bisogni e desideri che non possono essere condivisi, oltre ad essere poco presenti momenti di unione profonda e di soddisfazione reciproca.
La caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare. Pieni di timore per ogni cambiamento, essi impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse. I dipendenti affettivi sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Ritengono che occupandosi sempre dell'altro la loro relazione diventi stabile e durataura. Ma, immancabilmente, le situazioni di delusione e risentimento che si possono verificare li precipitano nella paura che il rapporto non possa essere stabile e duraturo, ed il circolo vizioso riparte, a volte addirittura "amplificato". La dipendenza affettiva colpisce, sopratutto il sesso femminile, in tutte le fascie d'età . Sono donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate.Esse hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme




 Libro consigliato "Donne che amano troppo" Robin Norwood.

"Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un'infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.
Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo.
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo." (Robin Norwood)


mercoledì 15 febbraio 2012

L'arte di amare..se stessi

"Amore per se stessi. Mentre non suscita nessuna obiezione l'applicazione del concetto d'amore a vari oggetti, è opinione diffusa che sia virtuoso amare gli altri e peccato amare se stessi. Si ritiene che nella misura in cui amo me stesso non posso amare gli altri, che l'amore per se stessi sia una forma egoistica d'amore. Questo punto di vista ha la sua origine nel pensiero occidentale. Calvino parla di amore per se stessi come di " una peste ", Freud ne parla in termini psichiatrici, ma, nonostante ciò, il suo giudizio è uguale a quello di Calvino. Per lui, amore per se stessi significa narcisismo, libido verso se stessi. Il narcisismo è il primo stadio dello sviluppo umano, e la persona che in età adulta ritorna a questo stadio è incapace di amare; nel caso estremo è malata di mente. Freud parte dal presupposto che l'amore sia la manifestazione della libido, e che la libido sia o rivolta verso altri (amore) o verso se stessi (amore per se stessi). Amore per gli altri e amore per se stessi sono reciprocamente esclusivi, nel senso che più ve n'è di uno, meno ve n'è dell'altro. Se l'amore per se stessi è peccato, ne deriva che l'altruismo è virtù.
Sorgono ora queste domande: l'osservazione psicologica supporta la tesi che ci sia una contraddizione basilare tra l'amore per se stessi e l'amore per gli altri? È l'amore per se stessi lo stesso fenomeno dell'egoismo, oppure è l'opposto? Inoltre, è l'egoismo per l'uomo moderno un vero interesse per se stesso come individuo, con tutte le sue possibilità intellettuali, emotive e sensuali? Non è egli diventato un'appendice del suo ruolo economico-sociale? È il suo egoismo uguale all'amore per se stesso, oppure è cagionato dalla mancanza di esso?...
....Siamo ora arrivati alle premesse psicologiche sulle quali si fonda il nostro argomento. Generalmente queste premesse sono come segue: non solo altri, ma anche noi stessi siamo l'oggetto dei nostri sentimenti e attitudini; le attitudini verso gli altri e verso noi stessi sono fondamentalmente congiuntive rispetto al problema in questione, ciò significa: l'amore per se stessi si trova in coloro che sono capaci di amare il prossimo. L'amore, come principio, è indissolubile per quel che riguarda la connessione tra "oggetti" e noi stessi. L'amore genuino è un'espressione di produttività ed implica cure, rispetto, responsabilità e comprensione. Non è un "affetto" nel senso di essere amato da qualcuno, ma uno sforzo attivo per la crescita e la felicità dell'essere amato, dettato dalla propria capacità di amare.
Ne deriva che il mio io deve essere un oggetto di amore tanto quanto ogni altro essere. L'affermazione della propria vita, felicità, crescita, libertà è determinata dalla propria capacità di amare, cioè nelle cure, nel rispetto, nella responsabilità e nella comprensione. Se un individuo è capace di amare in modo produttivo, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare completamente."


Tratto da "L'arte di Amare" di Erich Fromm

lunedì 13 febbraio 2012

Perchè consultare uno Psicologo

L' individuo non sempre si prende cura della sua salute psicologica tanto quanto fa con la propria salute fisica. Tra l' altro esiste ancora in molti diffidenza dell' esperto in salute psicologica, visto come "medico dei matti". In realtà andare dallo Psicologo non vuol dire essere "svitati", o "diversi", ma, al contrario, significa prendersi cura della propria salute mentale, che va di pari passo con quella fisica, migliorando notevolmente la qualità totale della propria esistenza. Un supporto psicologico può essere utile per una crisi temporanea, per favorire una crescita interiore personale, per delle esigenze di orientamento, per raggiungere una maggiore e migliore consapevolezza di sé, degli altri e del proprio contesto familiare, sentimentale, sociale, lavorativo o scolastico. Un qualsiasi mutamento o evento nella propria esistenza (come cambiare lavoro, sposarsi, crescere, avere dei figli, superare degli esami, etc.) può risultare di difficile elaborazione e superamento; in tal caso una consulenza psicologica può risultare un benefico supporto ed aiuto positivo, traghettando la persona attraverso il disagio interno fino alla sua attenuazione e/o scomparsa. Un supporto psicologico può essere utile per migliorare e capire la propria parte interna ritrovando un giusto equilibrio in essa e con il mondo esterno. Un supporto psicologico  può essere utile per creare uno spazio diverso da quelli abituali della vita di tutti i giorni dove confidarsi e confrontarsi, ed al quale riferirsi come punto di riferimento.

domenica 12 febbraio 2012

Cambiamento..Affrontarlo e Gestirlo!

“Che cosa fareste se non aveste paura?”
Ho provato a rispondere a questo interrogativo.
L’elenco emerso mi ha veramente sorpreso.
Sono sicura che come me, tanti si sono chiesti: “Quante cose avrei voluto e potuto fare, vorrei ancora fare e al contrario non realizzo per il timore di non farcela, di non avere la forza e coraggio necessari, per timore sostanzialmente del cambiamento?”.
Quanto ci troviamo di fronte ad una scelta solitamente la nostra mente si focalizza su quanto andremo a perdere e mai su quanto stiamo per guadagnare.
Vogliamo e sogniamo il futuro, ma rimaniamo ancorati al passato. Perché?
La risposta è semplice: il passato lo conosciamo, lo fronteggiamo, lo controlliamo.
Il futuro no, il futuro rappresenta l’ignoto di fronte al quale ci sentiamo indifesi e inermi.
Credo che il punto di partenza non sia passato o futuro, ma noi stessi.
E’ la nostra insicurezza e mancanza di fiducia che ci porta all’immobilismo, alla coazione a ripetere azioni e modelli relazionali disfunzionali.
E’ la paura che ci blocca e ci impedisce il cambiamento.
La mancanza di fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità e risorse ci tiene ancorati al passato.
E’ bene tenere a mente che l’oggetto delle nostre paure non è mai tanto spaventoso quanto noi lo immaginiamo. La maggior parte dei nostri timori sono irrazionali.
La paura che noi stessi alimentiamo con la nostra immaginazione è peggiore della realtà.
Tanto più ci soffermiamo sulle conseguenze negative e non sulle opportunità positive tanto più rimarremo paralizzati e inattivi.
A volte siamo in grado di “fiutare” per tempo il cambiamento e siamo pronti all’azione, altre volte neghiamo il cambiamento e vi resistiamo.
Quel che è certo è che il cambiamento è inevitabile.
Vivere in un’epoca caratterizzata da continui cambiamenti può risultare stressante a meno che non si possieda una visione del cambiamento atta a comprenderlo e accettarlo.
Di fronte ad un cambiamento spesso restiamo paralizzati e inattivi, rimuginiamo e ci domandiamo continuamente: “Perché mi hanno fatto questo torto?”, “Perché proprio a me?” aspettandoci una sorta di risarcimento, un indennizzo per il danno ricevuto “immeritatamente”.
E intanto il tempo passa e con esso diminuisce la speranza di riavere quanto perduto, la fiducia in se stessi vacilla sempre più e si cade in stati depressivi dai quali è talvolta difficile uscirne.
E’ a questo punto che dobbiamo porci una domanda: “Credo veramente che la situazione possa migliorare da sola?”, “Cosa sto facendo affinché la mia condizione possa migliorare?”.
Se la risposta alla prima domanda è SI e alla seconda è NIENTE, è arrivato il momento di reagire!
E’ arrivato il momento di rendersi conto che non possiamo fare e rifare sempre le stesse cose e poi chiederci come mai la nostra condizione non migliora.
E’ arrivato il momento di essere consapevoli che continuando così  la situazione non migliorerà MAI!
E’ arrivato il momento di comprendere che le cose cambiano e non tornano più le stesse.
E’ arrivato il momento di non curarci del passato e concentrarci sul presente.
E’ arrivato il momento di rinunciare alle vecchie abitudini disfunzionali, di superare le paure e AGIRE!
Quando cambiano le nostre convinzioni si modifica anche il nostro comportamento.
Ciò di cui dobbiamo liberarci sono i comportamenti che continuano a generare relazioni sbagliate per poi procedere alla conquista di un modo migliore di pensare e agire.
Adeguarsi al cambiamento richiede tempo, ma è un percorso in discesa non in salita.
Inizialmente potremmo sentirci disorientati e non ancora sicuri, a volte ci capiterà di credere di aver fatto dei progressi e altre lo sconforto ribusserà alla nostra porta e potremmo avere la sensazione di aver fatto due passi in avanti e uno indietro.
In questi casi dobbiamo ricordare a noi stessi che benché sia faticoso riprendere in mano la situazione è sempre meglio che rimanere inattivi lasciando che le cose avvengano senza il nostro controllo.
Quando superiamo le nostre paure ci sentiamo liberi, forti, invincibili.
Invece di rimpiangere quanto perduto ci sentiamo pronti a considerare i vantaggi che la nuova condizione potrà offrire.
Riflettendo un po’ più approfonditamente ci renderemo conto che il cambiamento non si verifica dall’oggi al domani, molto probabilmente segnali premonitori sono nell’aria, ma noi non vogliamo  accorgercene e invece che prenderli nella giusta considerazione li sottovalutiamo e ignoriamo forti della convinzione “A me non capiterà mai!”.
E’ bene ricordare invece che IL MODO MIGLIORE PER AFFRONTARE IL CAMBIAMENTO E’ ANTICIPARLO.
Occorre essere consapevoli della necessità di essere flessibili e pronti ad agire; non è necessario complicare troppo le questioni o disorientare se stessi con apprensioni e paure.
Bisogna essere capaci di notare i segni del cambiamento non appena essi si presentano in modo da essere preparati ai grandi cambiamenti che potranno sopravvenire in seguito.
I cambiamenti avvengono, che ne abbiamo paura o no, che ci piacciano o no e quando arriveranno li potremo superare al meglio solo adattandoci con prontezza.
La resistenza più ostinata al cambiamento risiede dentro noi.
nulla può migliorare finché NOI non cambiamo.
 
dott.ssa Manuela Carone